domenica 4 marzo 2018

Psicoterapie a confronto con l’idea del trapianto di testa - report UNESCO BioChair

di Giulia Bovassi (UNESCO Chair in Bioethics and Human Rights). Abstract. Abilità chirurgiche raffinate e destrezza umana, sono caratteri pienamente manifesti in operazioni tanto complesse quali i trapianti d'organo, interventi difficili e grande risorsa terapeutica. Ma come porsi dinanzi alla possibilità di un trapianto di testa (o di corpo) mantenendo al centro la persona-paziente? Quali rischi derivano dalle scienze psicologiche? Grazie alla loro professionalità e all'ausilio di casi già noti in letteratura, diversi esperti hanno aiutato a far luce sulle plausibili conseguenze dal punto di vista della psicoterapia.

L'evento, interno al Corso di Perfezionamento in Neurobioetica, ha ospitato tre grandi scuole di psicoterapia e cinque professionisti del settore, insieme per un momento interattivo di scambio vicendevole e approfondimento formativo sul tema-guida del Corso, il cosiddetto “trapianto di testa” nell'essere umano. L'incontro, coordinato dal Prof. Alberto Carrara e introdotto dalla dott.ssa Maria Luisa Pulito, membro del GdN, medico psichiatra e neurobioeticista, è stata una densa articolazione delle prospettive psicologiche la cui valenza imprescindibile per una corretta disamina del progetto chirurgico in questione. 

Il rigetto psicologico del paziente, dopo aver subito un trapianto di parti visibili del corpo, non è una deduzione ipotetica, ma dato oggettivo del quale la comunità scientifica non può non tener conto. Tali pazienti esprimono disagio nei confronti del nuovo organo in varie modalità: come evidenziato dalla dott.ssa Pulito, sentono minata la propria integrità con il conseguente bisogno di assimilare nuovamente l'immagine decostruita di sé; vivono il lutto per la mancanza di  quel determinato riferimento perso del loro corpo; sono animati da angoscia, paranoia, senso di persecuzione ed estraneità nei confronti di quella novità applicata sulla loro figura; tutto ciò contribuisce all'espressione di quel rifiuto psicologico, determinante, per un paziente chiamato a ridimensionare la storia di sé. Proprio su questa storia la dott.ssa Pulito, utilizzando la formula coniata da P. Ricoeur, di «sintesi dell'eterogeneo», mostra quanto il vissuto narrativo e la temporalità, determinanti lo specifico di ciascun essere umano, siano dense sintesi di questo eterogeneo che ci investe dei suoi tratti in un connubio con la permanenza temporale e storica dell'identità personale, definita in gran parte dall'interazione relazionale. Un equilibrio tra permanere e mutare. Si chiede, infine, la dottoressa, facendo preciso riferimento al potenziale paziente, risultato di un ipotetico adempimento del body- to-head transplant: «l'impressione lasciata nel circuito cerebrale del corpo originario sarà sentita anche in quello nuovo? Quale sintesi dell'eterogeneo sarà possibile con il trapianto di testa?».

Il dott. Massimo Cotroneo, specialista in ipnosi e psicoterapia ericksoniana, sostiene la strutturazione di previsioni ipotetiche, a partire dai casi già illustrati di difficile convivenza fra paziente e nuovo organo o arto trapiantato: esperienze di trapianto del volto o delle mani, ad esempio, sono state oggetto di verifica delle risposte psicologiche e psicosociali degli individui, i quali, seppur con evidenti miglioramenti sulla qualità della vita, hanno dovuto affrontare non poche difficoltà nell'identità rappresentativa e nelle implicazioni sistemiche-relazionali. Nonostante gli accresciuti benefici funzionali, i pazienti tecnicamente sani, sviluppavano patologie psicologiche-mentali difficilmente ignorabili e probabilmente nutrite già al momento dell'adesione all'intervento. L'esperto si domanda la veridicità della consapevolezza al consenso di un trapianto di testa, scelta senza ritorno. Ecco l'apporto dell'approccio ericksoniano dove al centro permane la persona, sia nella globalità costitutiva sia nell'unicità che la caratterizza, considerata cioè, ogni volta, differente dai suoi simili. Tenere in ferma considerazione l'insieme delle implicazioni che potrebbero nascere o incidere, prima e dopo l'intervento, consente, ad una pratica quale l'ipnosi, di lavorare, grazie all'accesso a stati speciali di coscienza, «su aspetti di coscienza e psico-corporei profondi, talvolta mascherati da scelte non funzionali». Il valore aggiunto della seduta ipnotica, risiede nell'accesso a luoghi altamente conflittuali e complessi, spesso inesplorabili autonomamente, gli stessi che porterebbero a condizioni fortemente disagevoli per il paziente post-intervento. Ugualmente strategico tale strumento all'insorgere di dubbi sull'autenticità del consenso: l'idea del trapianto potrebbe indurre confusione o sentimenti ossessivi dettati dalla minima esperienza effettiva con simile rappresentazione immaginativa dell'operazione. L'integrazione fra il vissuto soggettivo e la sperimentazione di un percorso arduo e, per certi aspetti, estraniante, come il peso del trapianto di testa, è un contatto esperibile mediante ipnosi e senza dubbio sarebbe vantaggioso nell'accompagnamento umano al paziente.

Il direttore della S.I.S.P.I., Scuola Internazionale di Specializzazione con la Procedura Immaginativa, il dott. Alberto Passerini, insieme alla collega, la dott.ssa Manuela De Palma, psicologa e psicoterapeuta, propongono delle considerazioni ipotetiche sui risvolti annessi al trapianto di testa, formulate sulla base di quanto già appreso nell'Esperienza Immaginativa. La dott.ssa De Palma evidenzia quanto già un trapianto, oggigiorno considerato “di prassi”, irrompa nella vita psichica del ricevente, suscitando movimenti di assestamento, assimilazione e accomodamento. Tale impatto trasversale induce sintomatologie differenti, tra cui ansia, stress, depressione, le quali sul paziente causano una crisi dovuta a disturbi dell'immagine corporea, della rappresentazione di sé, dell'identità, oltre ai già citati ostacoli nella percezione di un nuovo sé appartenente all'organo trapiantato (rigetto psicologico). L'immagine corporea come rappresentazione psichica del nostro corpo, che perdura nonostante il cambiamento (anche nel dolore e nella sofferenza modifichiamo l'immagine del nostro corpo eppure l'identità, la risposta biografica su noi stessi, permane entro le alterazioni). Il rapporto tra Io Corporeo -Immaginario e Io-Psichico (lo si coglie se si prendono in esame i casi di psicosi) viene profondamente mutato in seguito alla dissociazione tra le immagini corporea e psichica. Nei trapianti, il macchinoso riassestamento mentale, prevede due fasi: la prima in cui il pezzo familiare è stato tolto (lutto), privazione di un'appartenenza; la seconda caratterizzata da opprimente senso di colpa causato dal possedere qualcosa indebitamente (perché proprietà di un altro, deceduto).

Ed è qui che si apre «Il corpo abitato» del dott. Passerini, nell'accorporazione, richiamata a chiusura del suo intervento dalla dott.ssa  De Palma, unione cioè di integrazione e incorporazione, crocevia –usando le parole del Direttore- proprio di un essere senziente, quell'intreccio indissolubile fra interiorità ed esteriorità, poiché egli non solo è investito di un corpo ma è il suo corpo (lampante nei pazienti psicosomatici, i quali nella patologia falsificano ogni dualismo poiché usano il corpo per inscenare conflitti interiori). Con la procedura immaginativa il paziente riversa nella somatizzazione l'esperienza psichica traumatica, a riprova dell'Io relazionale di sé con sé, se stesso con gli altri e se stesso con l'ambiente. Tenendo salde fra loro le informazioni sviscerate dai relatori fino ad ora, come si potrebbe pensare “un paziente sano” un paziente il cui corpo non ha più nessun fattore in comune con la sua storia? Il problema dell'identità, fin dalla prima lezione del Corso, è apparso centrale nel dibattito insito ai tentativi del neurochirurgo torinese: in effetti, anche sotto le articolazioni delle scienze psicologiche, viene assimilato metaforicamente ad un Commonwealth nel quale variano i membri, ma è radicata la sostanzialità, del tutto inglobata nella relazione tra le parti. Il timore è di rendere, ad un paziente, affinché sia sano, con un corpo diverso dal suo, un'esistenza fortemente lacerata in condizioni psicotiche, nelle quali le condensazioni corporee ricombinano l'identità come somma di storia, temporalità, biografia, alterità e corporeità. Sarebbe accettabile – ci si chiede- una proporzione rischi/benefici nella quale pesa, su di un piatto delle bilancia, il fondato timore di un “delirio di de-personalizzazione”, dovuto alla percezione di un corpo scisso, estraneo, ricombinato?

Secondo particolari correnti di pensiero, l'uomo potrebbe essere ridotto all'attività e al contenuto cerebrale o, per altri versi, all'informazione iscritta nei suoi geni dalla quale è nata ciò che molti definiscono una “genomania”. Torsioni linguistiche penetranti, descrittive di un tipo d'uomo, che gli esperti, psicologi e psicoterapeuti, la dott.ssa Chiara D'Urbano e il dott. Pasquale Ionata, scardinano grazie all'esperienza psicodinamica. Quest'ultima tira le fila di un quadro denso e ricchissimo analizzato fino a qui, sia nella tavola-rotonda. che ha visto partecipi tanti professionisti, sia dall'apertura stessa del Corso. In effetti, la dott.ssa D'Urbano offre una riflessione il cui principio è squisitamente antropologico e filosofico, di rimando alla prima lezione introduttiva nella quale si è fatta chiarezza sull'entità di movimenti Transumanisti e Postumanisti, ed è utile ricordarne i principi poiché essi stessi dimostrano l'ambivalenza di cui si nutre culturalmente gran parte della società contemporanea: esaltazione del corpo e dell'estetica fino al suo potenziamento e, parallelamente, mortificazione della corporeità a favore della sola materia cerebrale come riassunto dell'uomo stesso. I modelli di attaccamento, la sinergia fra mente-corpo e cervello, la relazionalità, sono esemplificazioni di come la vita, fin dalle origini, sia un cammino di aderenza e assestamento in vista di una costruzione inesauribile dell'identità e della comprensione di sé. “Mentalizzare”, ovvero “tenere a mente la mente”, indica esattamente la mole bibliografica che un buon lettore, come siamo noi con noi stessi, deve compiere guardandosi nella sua interezza.

In una situazione di trapianto di testa in un corpo è plausibile supporre stati confusionali e disintegrativi di personalità? Rivolge, a ciascuno dei presenti, questa domanda, il prof. Ionata, al termine della sua relazione sullo scambio fra i tre cervelli dell'uomo: cerebrale (di cui massima espressione è la creatività), cardiaco (di cui massima espressione è compassione e amore), enterico (di cui massima espressione è il coraggio). Questi tre cervelli dialogano fra loro mediante il nervo vago, al punto che si è dimostrato come il maggior quantitativo di materiale informativo esegue movimenti dal basso verso l'alto e non viceversa. L'importanza di non guardare alla persona come un assemblaggio di parti e componenti, quasi fossero coinquilini ognuno avente la propria privacy,   affina lo sguardo critico, cosicché non possa trovarsi impreparato in casi come quelli presentati dal professore a seguito di trapianti cardiaci. Le mente relazionale intrapersonale è la capacità di rendere conscio l'inconscio; di cogliere la saggezza che fluisce dal dialogo fra mente conscia e inconscia. L'attivazione fra i tre cervelli ridà consistenza al nostro rapporto somatico con la mente, che molto spesso viene parafrasato con astrazione psichica, quando in realtà è l'unità di un tutto integrato. Se noi consideriamo la dinamicità svelata dai sogni enterici o cardiaci, come garantiamo una permanenza, una stabilità, alla relazione, in un corpo trapiantato su di un cervello cerebrale estraneo agli altri due suoi nuovi corrispondenti? È uno scenario più che plausibile e realistico quello di un caotico nulla, aggravato da una memoria inesistente, in un paziente che si ritroverebbe menomato nella sua capacità di rispondere a se stesso.

Un così fitto contenuto nozionistico ed esperienziale chiede a sua volta una ponderata metabolizzazione, affinché possa aggiungersi un nuovo tassello al mosaico interdisciplinare che il Corso sta proponendo, ma è altrettanto vero – come suggerito dalla dott.ssa Viviana Kasam - che sollecita, immediatamente, una curiosità sul limite dell'agire umano, proprio stimolato dalla gigantografia delle sue ricadute. Dov'è il limite e quando l'attendibilità della consapevolezza viene messa in crisi dalla potenza che, una decisione come il consenso al trapianto di testa, trascina ai suoi piedi? In particolare, sul consenso, la Cattedra UNESCO in Bioetica e Diritti Umani sta compiendo enormi studi e ricerche, affinché la rete intessuta dalla libertà decisionale di un uomo, possa dirsi tutelata nei momenti in cui la vulnerabilità mostra tutti i suoni della vita. 

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